Lettera a Loretta Goggi
Cara Loretta,
Non so niente di te. Pare che tu abbia un pessimo
carattere, ma che importa. Alle donne che hanno una bella voce si perdona
molto. E comunque non c’entra. Non ti scrivo per parlare di te, ma della tua
canzone.
Finalmente ho capito
cosa vuol dire davvero. Erano ventisette anni che sguazzavo nell’ignoranza.
Vabbè, tu sai
quale canzone, no? Dopotutto, non prendertela, ma è una, la canzone per cui ti
si ricorda. Però bella, eh? Insomma, a me piace. Ancora di più da
quando l’ho capita.
Che fretta c’era
perché arrivasse la primavera.
Loretta. Io non
so quanti anni hai, non so come stai a polmoni, ma adesso hai pure tu le tue risposte.
Te le ha date
Trump.
In primavera
arriva subito la canicola. Lo sai perché per fortuna ti sei applicato da tempo
a far fondere la banchisa polare con le tue emissioni nefaste. Queste corone un
po’ così, con questa faccia un po’ così, che abbiamo noi quando viviamo a GenoWuhan,
beh, dice che non resistono alle alte temperature. Ecco che fretta c’era,
Loretta.
Non mi sarei mai
aspettata di sentirmi un giorno RASSICURATA da una cosa che ha detto Trump. Poi
si è ripreso subito sparando quella di iniettarsi l’alcool nelle vene per
disinfettarsi, ma quando se n’è uscito con quel paternalismo quasi campagnolo,
mi ha spiazzata. Mi è piaciuto. Vedi che nella vita, come diceva mio papà arrotondando
gli occhi in segno di meraviglia, “non sai mai”.
Sono virus che non
tengono le alte temperature, ha detto, Loretta. La bella stagione li ucciderà.
Il caldo primaverile li asfissierà.
“Il calore in
genere uccide questo tipo di virus. (...)
col caldo, il problema dovrebbe
sparire”. Lo hanno criticato tutti. Lo avrei fatto anch’io, per abitudine, per
riflesso.
Ma è stato come incrociare un vecchietto al bar, sentirlo
parlare. Sentirgli dire proverbi in dialetto. Rosso di sera, il corona si
azzera. A proposito, pare che in quel di Parma, di recente, uno di questi vecchietti
salvifici sia entrato in una farmacia, me lo dicono i miei inviati speciali
dall’Italia, Loretta, pare sia entrato con la mascherina sulla faccia e
arrivato al banco abbia chiocciato contento: “Questa è una rapina!”, per la
delizia dei presenti.
Per non parlare
del vecchietto bresciano che un po’ l’ha fatta davvero, la sua rapina, surfando
abilmente sulla paranoia da Covid. Arrivato alla cassa di una qualche Conad, si
è messo a tossire riverso sul tappeto a rullo della cassa, terrorizzando le
commessine circostanti, e poi, al momento giusto, si è raddrizzato svelto ed è
scappato con la spesa.
Questa è l’Italia
che ci dovrebbe piacere, Loretta, mica le mummie sanremesi. Temo tu non sia d’accordo.
Non so perché. Ma su una cosa ci intendiamo, che quest’anno avevamo tutti una
nostra certa fretta di aver caldo, di sentire l’odore catramato e desertico
della primavera del surriscaldamento globale.
Al che, è vero,
ci sono stati anche i catastrofisti della scuola più estrema, che si sono
affrettati a dichiarare, ricamando liberamente sul tema virus, che il Covid era
solo l’inizio, e che proprio il surriscaldamento globale, facendo fondere i
ghiacci perenni, avrebbe liberato micidiali virus preistorici totalmente ignoti
e pronti a decimarci. Ma è stato li’ che, per la prima volta senza sensi di
colpa, si è potuto mandare orsi, banchise e catastrofisti climatici agiatamente
‘affanculo. Che fretta c’era, Loretta, lo sappiamo io e te, e Trump.
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