Tea for Two


Lunedì è iniziata la tanto sfanfarata Fase Due. La Fine del Confino! O, per non fare falsi annunci, l’Affino del Confino. L’inizio vero della maledetta primavera, che te lo diciamo noi che fretta c’era, quest’anno, Loretta. Il giorno che tutti i miei amici lontani si sono riversati fuori casa a addentare cornetti legalmente, o ad accusare chi si riversava fuori di casa a addentare cornetti. Io, dal mio balcone parigino sull’Italia, non posso dir molto.
Dico solo peccato, dopo tutti quegli allenamenti clandestini e quelle condanne collettive, dopo che per mesi il percorso di voi runner è stato lastricato di pomodori marci, peccato che la vostra bella linea sarà presto un vago passato, sotto la coltre di burro dei cornetti della Fase Due.
Qui in Francia il confino continua imperterrito fino all’11 maggio, allora per me lunedì era un giorno normale, non era Natale, non mi sono riversata, né ho addentato, e non ho nemmeno corso. Però ho pensato. Ho pensato alla canzone Tea for Two, un motivetto strano, provvisto di quell’ottimismo oppiaceo, di quella magia idiota che lo rende perfetto per i dopoguerra, per le pubblicità e per le crisi planetarie. Canzonetta di cui tutti, chissà come, sanno l’aria, e nessuno le parole. Allora me le sono andate a cercare.
La ricerca dei testi delle canzoni è una mia eterna passione. Al liceo li copiavo sui diari consumando le cassette. Dattilografa musicale, avrebbe dovuto essere un mestiere. Una volta avevo scritto male “Neil Young” nelle parole di “Certe Notti”di Ligabue, perché l’atroce verità era che io non avevo idea di chi fosse, questo Neil Young, e un giorno che avevo fatto passare il diario da banco a banco (lo facevamo senza sapere che facevamo un antico Facebook), Giulia Guiducci capoclasse, mi aveva fatto tornare indietro il diario corretto. Sarà per quella vergogna, sarà per le lacune nella mia pronuncia inglese, oggi non può esistere che io non conosca le parole di Tea for Two. E ho fatto bene, perché guardate qua:
“Tesoro, questa casa è un’oasi adorabile/ Dove il gusto stanco della vita è sconosciuto / Via dalla città affollata / Dove i fiori quasi accarezzano il ruscello / Accogliente da nascondercisi dentro / e viverci fianco a fianco / Non abbandonarlo nel mio sogno/ Solo me per te, e tu per me, soltanto/ Nessuno vicino che ci veda o ci senta / Né amici né parenti per le uscite dei week-end / Nemmeno ci accorgeremo, tesoro, di avere un telefono”

Insomma, salta fuori che “Tea for Two” in realtà è una canzone da confino.
E adesso ditemi: che cosa farebbe un inglese, per sopportare l’insensatezza della Fase Due? Il “potete lavorare”, ma non potete portare i figli a scuola? Potete passeggiare, ma massimo a due chilometri da casa invece che a uno, e restate sempre a un metro di distanza, e se correte a quattro, e se siete in bici a otto? Non oso pensare alla distanza di sicurezza per chi guida la macchina col finestrino abbassato. Cosa farebbe un inglese, e cosa farebbe un giapponese? Ma pure un tedesco. Eh, cosa farebbero? Non è una barzelletta, anche se comincia come se lo fosse. Esattamente come è cominciata la Fase Due. Ma non è una barzelletta, al limite più un indovinello. E la soluzione è: IL TÈ.
Farebbero il tè. Probabilmente lo stanno già facendo. Con tutto l’aplomb che comporta. Non si affretterebbero, sarebbero curiosi di prendersi cinque minuti per restare in casa lo stesso, anche adesso che non devono, PROPRIO perché non devono. La Disobbedienza Civile DuePuntoZero. Una ribellione da barzelletta.
Guardarsi attorno nella propria casa, come guarda un posto uno che se ne sta andando da quel posto per sempre, come lo scolaro dall’aula quando la scuola è finita, come l’attore dal teatro dopo l’ultima replica. Per il gusto di vedere com’è che piano piano la prigione ridiventa oasi. Com’è, che succede? Quel cuscino non ti guarda più in cagnesco? I muri non si mangiano più la luce del sole per ruttare emissioni gassose di angoscia, secondo le regole spietate della fotosintesi clorochiniana? Le rose nel vaso non berciano più le loro accuse spinose ai runner che passano giù in strada? Quanto diventa leggera una porta ancora chiusa, se ormai è una soglia che puoi varcare quando vuoi?
Si farebbero un tè, i popoli calmi, prima di uscire. E i francesi invece? Beh, senza sorprese...Sono in ritardo. Ancora confinati. Me lo diceva tanto tempo fa, qualcuno furbo, che un popolo che erige a piatto forte della sua cucina un mucchietto di carne completamente cruda – il tartare - non puo’ che dondolarsi ancora sugli alberi del giurassico. 
E io, che alla fine, per quanto ci provi, non posso fare a meno di essere italiana? Che cosa mi farà la Fase Due? Mi farà tornare a vivere il giorno che potro' riprendere appuntamento per la ceretta? O correre nella foresta senza sentirmi Malvo ferito che arranca nella neve in una puntata di Fargo? Non so. Ma di certo non serviva la Fase Due a dirci che non siamo gente che sorseggia.

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