Una Puffata d'Aria Fresca - la passeggiata dell'Homo Sanitarius

Insomma, la Fase Due è che possiamo uscire. Si poteva anche non farla tanto lunga. Uscire a fare che, visto che è tutto chiuso, è tutta un’altra storia.

A prendere un caffè? No. Solo da asporto. In cartosi bicchieroni da Starbucks, come influencer americane del cazzo. E solo in qualche bar – chissà chi li sceglie, quelli che sì e quelli che no, e in base a che. Me lo domando. Tanto vale farselo a casa lo stesso, seguendo i 20 pratici passaggi.

A comprare qualcosa? A parte cibo, cibo e CIBO, e sigarette, davvero non si può trovare molto altro. Io nella Fase Uno sono prodigiosamente pervenuta a non prendere un grammo, e ho smesso di fumare per amore tanti anni fa. Non mi sembrano proprio le circostanze per ricominciare. L’estetista è ancora chiusa, sta probabilmente mettendosi avanti nella fusione di vasche da bagno di cera liposolubile. Parrucchieri hanno riaperto solo i più cari e i più stronzi. Che adesso oltre a darti della cozza brandendo mollemente fra due dita una tua opaca ciocca di capelli, ti accuseranno di non esserti portata la mascherina nel loro salone.

La Pole Dance non se ne parla nemmeno, figuriamoci. In questo preciso istante quella gran figa della mia prof, insieme al sindacato della Pole Dance (esiste!), sta negoziando aspramente con i ministeri interessati per strappargli la riapertura a giugno, senza obbligo della mascherina durante l’allenamento.

“Ma allora, Due – mi ha detto Grande Puffo l’altra sera (e se vi chiedete come sono entrata in confidenza con Grande Puffo, lo racconto qui) – esci semplicemente a farti una puffata”. Intendeva una passeggiata. Per la prima volta in Due Mesi non hai bisogno di puffare Autodichiarazioni, Passaporti, Motivi Validi. Approfittane.

Come capita spesso, Grande Puffo non ha tutti i torti. Uscire solo per farsi una puffata. Prendere una puffata d’aria. Dopotutto è anche maggio. E non c’è aperta una gelateria, né una libreria, una piscina, ecco c’è il parco, c’è il bosco di Vincennes. Le rive della Senna no, sono bloccate da rotoli e rotoli di nastri di plastica che manco la fottuta scena del crimine. “Il Virus è ancora fra noi” declama la radio.

Insomma, manco le puffate saranno mai più la stessa cosa. Flaner, si diceva in francese. Ed era così bello. E io mi immaginavo questa gente che passeggiava su e giù per un lungo LungoSenna di flanella. A passi felpati, ovvio, con il tessuto al posto dell’asfalto. La flanerie, la passeggiata di piacere.

Adesso con la flanella ci ritagliano mascherine. Ne dobbiamo parlare, un giorno, delle maschere. Io non ce la faccio, non ce la faccio proprio a mettere la mascherina. Non riesco neanche a pensarci. A pensare la mia faccia dietro quella cosa. Se consideri che sono proprio il simbolo dell’avvento di questo nuovo, inaspettato, stupido Homo Sanitarius, ce ne sarebbero di cose da dire, sulle maschere.
Ma il vero problema, sapete, è che, per forza di cose, mettono in risalto gli occhi.

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