Sotto i Cieli dell'Eliseo


Tre settimane fa, il nostro Presidente Emmanuel Macron ha lasciato l’incartapecorito abbraccio della nostra first lady per sedersi allo scrittoio dorato dell’Eliseo e indirizzarci un discorso, che avrebbe sancito- e ce lo aspettavamo già un po’ tutti – l’inizio del confino francese.

Questo discorso fu violentemente privo di sentimento. Ma non di conseguenze.

Prima conseguenza. La delusione. Io personalmente, ho sentito un cocente sentimento di delusione. Prossimo al sospetto che Macron non sia un essere umano vero e proprio, ma qualcosa di simile a un mutante, o un robot, o un clone, o un drone, o un T-1000, o un ex-umano aumentato. O un politico. Ma cattivo politico.

Poteva almeno essere un migliore attore. Poteva accendere un po’ il riscaldamento nel timbro della sua voce, all’Eliseo lo trovi in men che non si dica un coach, un doppiatore, un cantante di musical che te lo insegna.

Hitler almeno prendeva lezioni dagli attori. 

Poteva incoraggiarci. Poteva allarmarci. Farci vibrare. Poteva cazziarci, dirci che eravamo un branco di coglioni irresponsabili a andare a stravaccarci in massa così sulle Buttes Chaumont. Poteva insultarci, perlomeno non ci saremmo sentiti soli al mondo. Poteva regalarci il sogno del capo carismatico.

Invece di tutto ció, Macron è stato compíto, propositivo al limite dell’elettorale, procedurale. Grave ma vuoto. Ogni volta che lo sentivamo aprire bocca sembrava che stessimo bussando su un’anfora vuota. Suonava coccio. Non ancora rotto, ma sulla buona strada.

Seconda conseguenza. La presa di coscienza della realtà. Non la mia, eh? Per farmi riconnettere me con la realtà, ci vorrebbe ben altro che un discorso di Macron. La presa di coscienza di Tre, mio marito. Successe cosi:

Subito dopo il congedo presidenziale, espletato con un colpetto di sguardo fisso e vitreo come sa fare lui, e seguito da una strombazzante Marsigliese desolatamente fuori posto, io, a corto di espedienti, ho voluto cercare in un abbraccio coniugale tutto quello che Macron non mi aveva saputo dare.
E mio marito si è scansato. Non ricordo bene, nell’angustia del momento, ma mi sembra pure che si sia leggermente sollevato, per andarsi a risistemare tutto in fondo al divano. Insomma avevo solo starnutito. Forte, va bene. Ma il vero amore non era scambiarsi tutti i microbi senza contegno? Senza confini? Senza confino? 

Chiedevo un abbraccio, mica sesso orale! Dovetti prendere atto che il mio confino ormai non era solo quello della mia casa rispetto al resto del mondo. Nel mio doppio confino, adesso ero anche tagliata fuori dagli altri miei compagni di confino. Confino al quadrato. Doppio confino. Con ghiaccio.

Terzo. La grande solitudine.  Ti puoi sentire molto solo quando resti l’unico a non avere paura. Ti guardano tutti strano mentre scappano, e cominci a chiederti se proprio alle tue spalle non si sta per caso per abbattere l’Onda Perfetta, quella che tutti i surfisti passano la vita ad aspettare, quella che tutti ormai hanno visto, tranne te. 

No, davvero, è stato impressionante vedere mio marito temere qualcosa. E temere me. Lui, sempre pronto a sganasciarsi delle paure che attanagliavano il pianeta. Sempre li’ a razionalizzare, a rassicurare, a sdrammatizzare. Quell’uomo non esiste più. E – suppongo- anche la mia vita sessuale. Già non proprio sbaragliante. Senza contare che, se un temerario come lui si mette a temere...vuol dire che l’Onda dietro le mie spalle c’è davvero.

Quarta conseguenza. Gli starnuti. Gli starnuti cominciarono subito dopo la detta marsigliese, mentre la telecamera presidenziale si sollevava di colpo verso il cielo serale, in un romantico quanto sconclusionato travelling verticale. Il cameraman si era detto che bisognava prendere in mano la situazione, e mettere un po’ di passione in quella comunicazione di servizio della Standa.
Lodevole slancio, ma non poteva bastare. Cosa copriva, prima di essere assunto dall'Eliseo? Pavarotti and Friends?

Comunque sia, fu li’ che presi una generosa ispirazione, sviluppai le narici alla loro massima apertura e dopo un magico momento sospeso nel tempo e nello spazio, scaricai un‘impressionante energia virale tutt’attorno a me. E via cosi’, per quattro, cinque, sei volte. Sentivo i miei anticorpi gridare tanti piccoli oooolllllééééé prima di ogni starnuto. Anche loro stavano prendendo la cosa sottomano. 

Ma non temete, onestamente non penso sia Coronavirus. Mi sa più di una reazione allergica. Massì , una bella allergia. Al polline, a Macron, all’essere respinta dall’Uomo...Non mi è dato sapere.

 


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